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ONE HEALTH APPROACH TO FIGHT ANTIMICROBIAL RESISTANCE

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La ricerca biotecnologica in azione per il contrasto alla resistenza agli antibiotici
11 (ore 17:30) e 12 (ore 9) aprile, Aula Magna


Circa 13 miliardi è il costo calcolato per il SSN come conseguenza delle infezioni sostenute da germi resistenti agli antibiotici (antimicrobico resistenza, AMR); inoltre, si calcola che ogni anno l’AMR è causa di circa 25.000 morti in Europa e 70.000 a livello globale. 
Anticipata (benchè non conosciuta nei meccanismi) da Sir Alexander Fleming (Premio Nobel nel 1945) dopo la scoperta (1928) della penicillina, l’AMR negli ultimi decenni ha praticamente reso inutilizzabili la gran parte degli antibiotici disponibili, compresi i più recenti farmaci carbapenemici associati a innovativi inibitori di enzimi di resistenza. Infatti, germi patogeni appartenenti sia al gruppo dei gram positivi che negativi (come, per esempio, il gruppo ESKAPE e, cioè, Enterococcus faecium, Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter baumannii, Pseudomonas aeruginosa, Enterobacter spp) risultano essere multiresistenti in clinica, prevalentemente (ma non esclusivamente) in ambiente ospedaliero, dove l’efficacia di molte classi di antibiotici è compromessa e da qui discende la mortalità riportata sopra. 
Sebbene il non corretto impiego degli antibiotici in medicina è ancora oggi causa di una parte importante (circa il 60%) della resistenza agli antibiotici (e, certamente, è odioso continuare a impiegare in maniera inappropriata questi farmaci molto importanti specialmente in pazienti fragili), è altrettanto noto come lo sviluppo di infezioni resistenti agli antibiotici trova in agricoltura una sorgente molto importante. 
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è intervenuta ormai da molti anni sull’argomento vietando, per esempio, l’uso degli antibiotici come promotori della crescita per le produzioni animali destinate al consumo di carne. Sebbene tale problema dovrebbe essere risolto ciò che rimane irrisolto, specialmente nei paesi dove non esistono legislazioni e controlli rigorosi come nell’Unione Europea (UE), è la prevenzione delle epidemie infettive negli impianti zootecnici con interventi strutturali sulle condizioni di stabulazione ed interventi alternativi all’uso disseminato, e spesso non corretto, degli antibiotici. Tale impiego massiccio di antibiotici favorisce lo sviluppo di resistenza con il rischio del passaggio delle infezioni da germi resistenti dagli animali all’uomo. 
Il più recente esempio di trasferimento dall’animale all’uomo è la resistenza plasmidica (entità genetica infettante le cellule batteriche) alla colistina documentata in batteri gram negativi isolati da suino e successivamente descritta nell’uomo. Infatti, la colistina è stata impiegata in quantità massiccia in Cina ed altri paesi asiatici nelle produzioni animali (soprattutto, ma non esclusivamente, maiali) dove continua ad esserlo ancora oggi determinando l’insorgenza della resistenza descritta la prima volta nel 2015 proprio in Cina. Sebbene nota dal 1949, la colistina ha avuto un ruolo residuale in medicina umana per l’elevata tossicità renale e per la disponibilità di antibiotici alternativi. Tuttavia, a causa della proliferazione in ambito ospedaliero di germi patogeni gram negativi multiresistenti (vedi E. Coli, Klebsiella, Pseudomonas etc.) che ha compromesso l’efficacia di molte classi di antibiotici, nel 2010 l’OMS ha inserito la colistina nell’elenco dei farmaci salva vita ad esclusivo uso umano per la sua potenziale efficacia contro le infezioni da gram negativi multiresistenti. Purtroppo, l’inattesa resistenza descritta in Cina si è rapidamente diffusa in tutti i continenti, compresa l’Europa, rappresentando una vera catastrofe clinica per pazienti ospedalieri particolarmente fragili (per es. pazienti con scarse difese immunitarie).
In italia è attiva una legislazione UE molto efficace in termini di controllo della qualità delle produzioni animali e della qualità degli alimenti. Tuttavia, l’esperienza sopra descritta insegna che nel mondo globalizzato iniziative isolate di singoli paesi o continenti sono insufficienti a garantire la sicurezza della salute e bisognerebbe agire con una visione planetaria anche tramite accordi tra continenti. La visione “One Health”, sviluppata dall’OMS per la lotta alla diffusione dell’AMR, spinge in questa direzione ed integra l’uomo, l’animale ed i vegetali in un unico ecosistema circolare di diffusione e, quindi, passaggio di batteri con tutto il loro corredo genomico e di prodotti genici, come i plasmidi, responsabili della resistenza. Pertanto, la battaglia contro l’AMR va condotta a livello mondiale su ognuno dei campi descritti dell’ecosistema. Tuttavia, differenze nella disponibilità di risorse da parte degli stati sono alla base delle differenze nei piani di contrasto all’AMR. 
A livello UE sono stati avviati programmi di sorveglianza antibiotica che comprendono 1) l’armonizzazione tra gli stati dei metodi di valutazione della resistenza e, successivamente, il censimento della resistenza attualmente circolante (quella dei paesi scandinavi è attualmente la banca dati sull’AMR più importante in europa); 2) la protezione dalle infezioni, principalmente da quelle ospedaliere (tuttavia, anche in comunità circolano molte forme resistenti d’infezione); 3) l’aumento della sorveglianza e sicurezza alimentare anche mediante il controllo della produzione animale e 4) la limitazione della diffusione nell’ambiente di farmaci antibiotici. 
Inoltre, il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) ha, recentemente, pubblicato il piano di lavoro per il triennio 2019-2021, che rafforza il suo ruolo come partner degli Stati membri dell’UE e della Commissione Europea nella tutela e promozione della salute in Europa. Tra le diverse priorità individuate, l’ECDC evidenzia il contrasto della resistenza antimicrobica e la copertura vaccinale.
In attesa che l’implementazione di questi programmi diano i frutti sperati la ricerca e, particolarmente quella biotecnologica, sta già mettendo a punto lo sviluppo di nuovi farmaci mirati ad antagonizzare le infezioni più pericolose ed i meccanismi di resistenza per ognuna delle forme più frequenti in contesti più a rischio come quello ospedaliero. Per esempio, attualmente ci sono in ricerca e sviluppo almeno tre anticorpi monoclonali (mAbs) rivolti contro fattori di virulenza secreti dallo stafilococco aureus meticillino resistente (MRSA), uno tra i più pericolosi batteri gram positivi per causare infezioni mortali. In questa stessa direzione va lo sviluppo dei vaccini reso oggi possibile dagli avanzamenti delle conoscenze nell’ambito delle tecnologie per la genomica, trascrittomica e per la proteomica che offrono un formidabile potenziale per l’identificazione di antigeni stabili ed espressi in corso delle infezioni umane ed animali. 
Per quanto invece attiene allo sviluppo di farmaci antibiotici “small molecules” dotati di nuovi meccanismi e basati su sintesi chimico-farmaceutica tradizionale, l’ipotesi di ricerca e sviluppo definita 10x20 (cioè 10 nuovi antibiotici per il 2020) sembra praticamente lontana dalla realizzazione. Da qui la necessità di un intervento da parte degli Stati a più elevato prodotto interno lordo a sostegno dell’impegno finanziario delle industrie farmaceutiche; infatti, per motivi spesso legati alla scarsa efficacia o alla elevata tossicità la ricerca si interrompe in itinere o si conclude senza una reale innovazione terapeutica dissipando ormai da qualche decennio ingenti risorse ed allontanando gli investitori da questa area di ricerca e sviluppo. 
Per discutere di tutti questi argomenti giorno 11 e 12 aprile presso il complesso Aula Magna dell’Università della Calabria si terrà un convegno dal titolo “One Health Approach to Fight Antimicrobial Resistance”. Si tratta di uno sforzo organizzativo che vedrà insieme dirigenti del Ministero della Salute (Dr Silvio Borrello, Direttore Generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari), dell’Istituto Superiore di Sanità (Dr Paolo Pasquali, Direttore dell’Unità di Profilassi e Controllo delle Zoonosi Batteriche) e dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno (Dr Antonio Limone, Direttore Generale), medici ospedalieri (Dot.ssa Cristina Girardi, Primario Laboratorio di Microbiologia e Dr Mario Veltri, Direttore Sanitario, AO di Cosenza), docenti universitari di area biomedica (Prof.ssa Francesca Fallarino, Unipg; Prof. Carlo Torti e Prof.ssa Maria Pavia, Unicz; Prof.ssa Diana Amantea, Prof. Stefano Aquaro e Prof Carmelo Nobile, Unical) ed area veterinaria (Prof. Luigi Bonizzi, Unimi; Prof.ssa Paola Roncada, Unicz; Prof. Domenico Britti, Unicz).

Giacinto Bagetta
Ordinario di Farmacologia
Università della Calabria
g.bagetta@unical.it 

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